La Fidca di Udine con il presidente dottor Antonello Quattrocchi ed il Socio Vincenzo Verdino-Presidente Nazionale dei Cacciatori delle Alpi-hanno partecipato all'inaugurazione e presentazione della Mostra Tematica sul Milite Ignoto a Cividale del Friuli,mostra tematica nella Chiesa di Santa Maria dei Battuti che rimarrà aperta fino al prossimo 7 novembre c.a.Mostra organizzata dall'Associazione Nazionale del Fante-Sezione di Cividale del Friuli. Merito ed onore a questi Uomini!
1921----2021
La Fidca non dimentica il Centenario della designazione,sia del viaggio e della tumulazione del Milite Ignoto che partendo da Aquileia raggiunse Roma onorata da milioni di persone.
Vada il nostro rispetto ed il nostro ricordo a tutti i Caduti Italiani!!!
Vada il nostro rispetto al Fante, Uomini che diedero il piu' alto contributo di Sangue!
Vada il nostro rispetto e ricordo alla Mamma di tutte le Mamme : MARIA BERGAMAS.
Vada il nostro rispetto storico a al Colonnello GIULIO DOULIET, grande artefice dell'Azione Ricordo a favore di tutti i Soldati Italiani ed al SottoTenente -Ministro della Guerra on. LUIGI GASPAROTTO per la designazione della Commissione della ricerca di 11 salme di Ignoti.
Tutti e due Grandi Persone.
Contributo dell'Amico Socio FIDCA di Udine : Giuseppe Troilo- Ricordo Storico del Milite Ignoto.
IL
MILITE IGNOTO
Tributare
onori solenni a un Milite Ignoto, e cioè tecnicamente al cadavere di uno sconosciuto di
cui si sa solo che ha combattuto in guerra a difesa della Patria può apparire
un’idea bizzarra, agli occhi di noi moderni.
Mettiamoci però nei panni di un Italiano di inizio anni ’20, e
cerchiamo di capire il profondo significato simbolico di tale gesto.
L’Italia (l’Europa intera!) alla fine della prima guerra
mondiale era una nazione (un continente!) ripiegato nel lutto più stretto e più
sconvolto. Non v’era famiglia che non avesse perso uno dei propri cari; non
v’era donna che non avesse pianto tutte le sue lacrime carezzando la foto di
quel marito, di quel fidanzato, di quel fratello, amico, figlio, che non aveva
mai fatto ritorno dal fronte. L’Italia intera era in lutto
stretto, ma non nel senso che ogni famiglia aveva dei morti da piangere:
proprio nel senso che l’Italia intera, come comunità di persone, era provata e
sconvolta da quanto accaduto. C’era un drammatico bisogno di rielaborare (e
proprio come nazione) l’esperienza di lutto, per poi provare ad andare avanti.
Undici salme, provenienti dai più sanguinosi
campi di battaglia, furono esumate tra il 3 e il 24 ottobre 1921, ricomposte
con ogni onore, custodite in undici bare uguali, e poi condotte a
Gorizia – una delle città italiane più duramente colpite dalla
guerra – ove una camera ardente fu allestita nella chiesa di Sant’Ignazio.
Dal 18 ottobre in poi – data dell’apertura al pubblico della camera ardente –
la chiesetta fu oggetto di un pellegrinaggio ininterrotto, nonché (dettaglio
triste, ma significativo) di vere e proprie scene di disperazione. Incredibile
ma vero: più d’una volta, donne vestite a lutto cominciarono a strepitare
implorando che fosse aperta davanti ai loro occhi questa o quell’altra cassa da
morto. In quel processo di identificazione nazionale che, evidentemente, stava
funzionando fin troppo bene, essere si convincevano di “sentire” che proprio lì, proprio in quel
feretro, proprio davanti a loro, se ne stava
il corpo del loro caro, sulla cui tomba non avevano mai potuto piangere.
Il 27 ottobre, le undici salme lasciarono Gorizia in un bagno di
popolo. Caricate su un convoglio speciale, le bare dei nostri Militi Ignoti
furono salutate dalle autorità civili e religiose. Le campane delle chiese ne
accompagnarono l’ultimo, solenne viaggio, suonando a lutto in ognuno dei
paesini attraverso i quali transitò il corteo funebre.
Meta finale: il duomo di Aquileia, in quella terra divenuta italiana grazie al
sacrificio di tanti soldati come i nostri undici.
L’indomani, il coup de théâtre. Alla presenza
delle autorità e della cittadinanza tutta, una donna del popolo avrebbe
indicato quale, tra gli undici caduti, ella “sentisse” essere il Milite Ignoto.
E così fu: la fortunata (?) prescelta fu Maria Bergamas,
triestina, classe 1867, e dunque cittadina dell’Impero austro-ungarico
all’epoca dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Suo figlio Antonio,
ovviamente austriaco anch’egli, aveva disertato la leva dell’Impero per servire
quella che, evidentemente, in cuor suo considerava la madrepatria: arruolatosi
nel Regio Esercito italiano, morì alle falde del Monte Cimone, e il suo corpo
non fu mai identificato.
Il 28 ottobre 1921, Maria entrò nella Basilica di Aquileia
vestita a lutto stretto, accompagnata da un gruppetto di vedove di guerra.
Idealmente eletta “madre spirituale” del Milite Ignoto attorno a cui tutta
Italia si stringeva, la donna fu incaricata, appunto, di indicare quale, tra
gli undici caduti, “sentisse” essere suo figlio. La donna, silenziosa, passò in
rassegna i primi feretri, ma arrivata davanti al decimo ebbe un mancamento:
proprio su questo, dunque, cadde la scelta.
Molto tempo più tardi, la figlia di Maria confidò ai giornali che, quella
mattina, sua madre era intenzionata a indicare l’ottavo oppure il nono soldato:
due numeri che, per varie ragioni, erano legati nel suo cuore al ricordo di suo
figlio. Ma ecco: di fronte all’ottava e poi alla nona bara, Maria provò un
senso di vergogna – ché non poteva, per il suo dolce egoismo di madre, essere
così di parte nell’assolvere il compito che le era stato dato.
E la scelta era stata fatta: e il Milite Ignoto era stato identificato.
Mentre gli altri dieci caduti venivano
preparati per una sepoltura ricca d’onori nel cimitero di Aquileia, il Milite
Ignoto veniva caricato su un convoglio di prima classe che, percorrendo la
tratta Udine – Conegliano – Treviso – Venezia – Rovigo – Ferrara – Firenze –
Arezzo, avrebbe infine raggiunto la capitale.
Destinazione? Il Vittoriano, naturalmente.
Pochi sanno, però, che, inizialmente, era stata avanzata la proposta che il
Milite Ignoto riposasse in ben altro luogo e in ben altra compagnia: ovverosia,
nella chiesa del Pantheon, assieme ai re d’Italia.
Forse perché la famiglia reale non si era
mostrata molto per la quale; forse perché il Vittoriano stava ancora cercando
una sua precisa ragion d’essere: fatto sta che si scelse infine di seppellire
il Milite presso il glorioso Altare della Patria, che – del resto – essendo un
luogo aperto, avrebbe permesso un afflusso di pubblico libero e ininterrotto,
senza limiti di orario o di capienza.
All’alba del 29 ottobre, il Milite Ignoto
intraprende il suo ultimo viaggio. Lo accoglie – in ogni singola, sperduta
stazione del più piccolo paesino in cui il treno sosta – una folla di gente
commossa e in lacrime. I popolani si inginocchiano al passare della salma (!),
le donne corrono lungo le rotaie inseguendo i vagoni e piangendo col capo
appoggiato al duro legno. È come se proprio in quel momento – e solo in quel momento – la
nazione cominciasse finalmente a stringersi , unita, attorno al lutto per colui
che, essendo il figlio di nessuno, è un po’ il figlio di tutti.
Il treno procede quasi a passo d’uomo,
sostando per cinque minuti in ognuna delle stazioncine che incontra. Quindici
vagoni interi (!) vengono via via riempiti delle corone di fiori con cui il
popolo vuole omaggiare il soldato caduto – e a tutelare che il passaggio del
feretro abbia luogo in modo decoroso e consono alla situazione, la forza
pubblica prescrive che il popolo accolga il corteo funebre nel più completo
silenzio, e senza alcun tipo di stendardi o di insegne a indicare appartenenze
politiche o ideologiche, al di fuori del tricolore nazionale. Unico suono
ammesso, accanto ai singhiozzi delle donne, le note de Il Piave mormorava: ma che nessuno
azzardi a improvvisare comizi, o peggio ancora a trasformare il Milite Ignoto
in un simbolo politico di questo o quel partito.
E poi, tutto il resto è storia nota. L’arrivo
a Roma, le esequie solenni a Santa Maria degli Angeli, la lenta processione
fino all’Altare della Patria, la sepoltura nel punto più glorioso di Roma
tutta. Fu la prima, grande manifestazione patriottica dell’Italia unita,
che davvero unì sotto lo stesso
abbraccio di cordoglio tutta la popolazione, da Nord a Sud. Piegata dal dolore,
ancora ferita dalle guerre: l’Italia usciva pian piano dal lutto, e si scopriva
nazione.
Estratto da un
articolo scritto da una non meglio identificata “Lucia” (Una penna spuntata).
Giuseppe Troilo
ONORE SEMPRE AI CADUTI ITALIANI!!!
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