Fra cui gli amici :Mario Fresa,Valter Bortolotti,Francesco Vrizzi,Paolo Fantin,Attilio Palermo,Stefano Cagnato.ecc.,rappresentanti di varie Associazioni Combattentistiche e D'Arma,il Club per l'Unesco di Udine,la LIDU di Udine,il Nastro Azzurro di Udine,ecc.
Tempio di Cargnacco |
Da: https://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/La%20Battaglia%20di%20Nikolajewka.pdf
La battaglia di Nikolajewka :Fu così che dopo 200 chilometri
di ripiegamento a piedi e con pochi muli e slitte, sempre aspramente
contrastati dai reparti nemici e dai partigiani sovietici, il mattino del 26 gennaio 1943 gli alpini della
Tridentina, alla testa di una colonna di 40.000 uomini quasi tutti disarmati e
in parte congelati, giunsero davanti a Nikolajewka. Forti del tradizionale
spirito di corpo gli alpini del generale Reverberi, dopo una giornata di lotta,
espugnarono a colpi di fucile e bombe a mano il paese annientando gli
agguerriti difensori annidati nelle case.
Quando ormai stavano calando le prime ombre della sera e
sembrava che non ci fosse più niente da fare per rompere l'accerchiamento, il
generale Reverberi, comandante della Tridentina, saliva su un semovente tedesco
e, incurante della violenta reazione nemica, al grido di "Tridentina
avanti!" trascinava i suoi alpini all'assalto. Il grido rimbalzò di
schiera in schiera, passò sulle labbra da un alpino all'altro, scosse la massa
enorme degli sbandati che, come una valanga, assieme ai combattenti ancora
validi, si lanciarono urlando verso il sottopassaggio e la scarpata della
ferrovia, la superarono travolgendo la linea di resistenza sovietica. I Russi
sorpresi dalla rapidità dell'azione dovettero ripiegare abbandonando sul
terreno i loro caduti, le armi ed i materiali. Il prezzo pagato dagli alpini fu
enorme: dopo la battaglia rimasero sul terreno migliaia di caduti. Tutti gli
alpini, senza distinzione di grado e di origine, diedero un esempio di
coraggio, di spirito di sacrificio e di alto senso del dovere. In salvo Dopo
Nikolajewka la marcia degli alpini proseguì fino a Bolscke Troskoye e a
Awilowka, dove giunsero il 30 gennaio e furono finalmente in salvo, poterono
alloggiare e ricevere i primi aiuti. Il 31 con il passaggio delle consegne ai
Tedeschi termina ogni attività operativa sul fronte russo. Fino al 2 febbraio
continuarono ad arrivare i resti dei reparti in ritirata. I feriti gravi
vennero avviati ai vari ospedali, poi a Schebekino alcuni furono caricati su un
treno ospedale per il rimpatrio. La colonna della Tridentina riprese la marcia
il 2 febbraio per giungere a Gomel il 1° marzo. Gli alpini percorsero a piedi
700 km e solamente alcuni, nell'ultimo tratto, poterono usufruire del trasporto
in ferrovia. Il rimpatrio Il 6 marzo 1943 cominciarono a partire da Gomel le
tradotte che riportavano in Italia i superstiti del Corpo d'Armata Alpino; il
giorno 15 partì l'ultimo convoglio e il 24 tutti furono in Patria. Mentre per
il trasporto in Russia del Corpo d'Armata Alpino erano stati necessari 200
treni, per il ritorno ne bastarono 17. Sono cifre eloquenti, ma ancor più lo
sono quelle dei superstiti: considerando che ciascuna divisione era costituita
da circa 16.000 uomini, i superstiti risultarono 6.400 della Tridentina, 3.300
della Julia e 1.300 della Cuneense.
Camicie Nere in azione |
Da :ARMA DEI CARABINIERI: La campagna di Russia si concluse in un disastro per le truppe italiane
e per quelle tedesche. Ma ci furono anche atti di grande eroismo, come quello
del carabiniere Plado Mosca, che si immolò in una carica solitaria contro il
nemico. Pochi mesi dopo quella ritirata nel gelo dell’inverno russo, cadde il
governo presieduto da Mussolini.
Sagrato del Tempio |
Onori ai militari
italiani:
Gli italiani potevano contare su 230 mila uomini con 55 carri
armati leggeri e 1.600 cannoni; di fronte una massa di 425 mila soldati, quasi 1.200 carri
armati, ben cinque mila tra cannoni e mortai.
12 alpini si sono posizionati davanti ai cippi che ricordano le
divisioni e i reparti.
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